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Il mondo visto da un imprenditore

Scritto originariamente per Energie Nuove

Stiamo affrontando sfide che cambieranno completamente il mondo, abbiamo alla guida, per farlo, quello che è probabilmente il peggior governo dal dopoguerra.

Credo non sfugga a nessuno la mentalità antindustriale con la quale vengono affrontati i problemi dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. Ministeri cruciali per la sfida che stiamo vivendo.

Perché parlo di mondo che cambia?

Alcuni punti di riflessione:

  1. L’automobile è da sempre un settore fondamentale, il motore diesel una eccellenza italiana, cosa succederà con auto intelligenti ed elettriche o con nuove propulsioni?
  2. Tutto il settore distribuzione sta cambiando, che fine faranno i piccoli negozi? Sono in crisi anche i supermercati (Auchan è uscita dall’Italia), quale sarà l’evoluzione?
  3. Stiamo assistendo alla migrazione dei nostri migliori laureati all’estero, mentre le nostre aziende e la nostra pubblica amministrazione sono piene di persone “anziane” (tra le quali mi colloco) non sempre in grado di capire le nuove tecnologie e le trasformazioni. Molti semplicemente vivacchiano in attesa della pensione
  4. Abbiamo una struttura industriale fatta di tante, troppe, piccole e piccolissime aziende che non hanno le risorse di personale ed economiche per affrontare il cambiamento in atto
  5. Abbiamo un settore di start-up asfittico con un sistema di venture capital marginale, appena diventano un po’ importanti l’unico modo per crescere è spostarsi all’estero.
  6. Burocrazia e le tasse crescono, crescono, crescono senza mai trovare un limite.

Troppo negativo? Direi realista, tutto supportato da quegli antipatici dei numeri che ci danno i trend.

Abbiamo già passato due “rivoluzioni” nel nuovo millennio: la nascita della internet economy, che ha portato la bolla proprio a cavallo del cambio di secolo, e la rivoluzione seguita alla crisi finanziaria del 2008, che ha innescato i cambiamenti che stanno arrivando a compimento.

Dopo il 2008 tutti parlano di crisi, ma secondo me alla crisi è seguito un cambiamento che ha accelerato alcuni fenomeni.

Intanto lo spostamento in Asia, Cina ma non solo, della produzione. I consumi si sono polarizzati tra lusso e a basso costo, abbiamo assistito (complice la crisi o le aspettative di crisi) alla sparizione del medio, insieme alla classe media. E il basso costo si fa nei paesi a baso salario.

Oggi vanno bene Gucci o Zara.

Le persone spendono o per prodotti con forti componenti emozionali oppure cercando il migliore prezzo. Ben sapendo che la qualità è quella che è. Ma preferiscono risparmiare su tutto per comperarsi l’ultimo iphone o una borsa di lusso (fenomeno pazzesco tra le giovani asiatiche).

In questo ambiente sfidante, chi fa impresa si trova a combattere con tagli agli aiuti per industria 4.0, legislazione sul lavoro più rigida (e parlano di far tornare la scala mobile), tagli alla scuola e università, tagli alla alternanza scuola-lavoro, nuovi assurdi sistemi di tassazione che incitano al nanismo e creano distorsioni.

Va detto chiaramente che anche la mia categoria, quella degli imprenditori, ha fatto la sua parte per contribuire a questi problemi.

Aziende piccole, poco capitalizzate (anche se sta migliorando), governate da parenti, che non investono in formazione, che si illudono di potere sopravvivere utilizzando le formule usate fino ad oggi.

I nostri rappresentanti non sono stati da meno, sperando di “portare a casa qualcosa” con i soliti metodi di lobby di scambio, cercando di usare bastone e carota. Salvo poi, nel caso di Confindustria, abbassare la testa appena arriva la minaccia dell’uscita dei gruppi pubblici dal sistema.

E va detto che se ci troviamo con questo governo è perché è stato votato, non è piombato per caso qui da Marte.

Anche la popolazione sta invecchiando, e quando si è vecchi e “ricchi” (poco o tanto, ma guardate la distribuzione dei patrimoni fra giovani e anziani), si diventa conservatori, spaventati dai cambiamenti e amanti del quieto vivere.

Gli americani, più portati agli affari di noi, ne hanno fatto un business, con enclave dedicate agli anziani dove i giovani, i bambini, i “diversi” non possono accedere, circondati da guardie armate a tutela dei residenti.

Forse la situazione ideale anche per moltissimi italiani, per come si stanno comportando e votando.

Una cosa ridicola per un popolo di Santi, navigatori, emigranti che deve la propria creatività e forza imprenditoriale dall’artigianato del rinascimento, alla contaminazione dell’Impero Romano che portò in Italia tanti “barbari”, che ha nel turismo una sua forza, che solo grazie al commercio internazionale (non abbiamo materie prime) ha potuto crescere, che ancora oggi ha una bilancia dei pagamenti fortemente attiva grazie alla globalizzazione.

Per il mestiere che faccio occorrono sempre delle proposte, eccone alcune:

  1. Formazione – è fondamentale, dobbiamo liberare le migliori energie, la scuola deve tornare ad essere per chi ci studia e non per chi ci insegna, liberare l’università dalle baronie, innestare merito ovunque.
    Se il futuro si gioca sulle competenze lo si gioca sulla formazione.
  2. Cambio mentalità imprenditoria – sono finiti i tempi del “piccolo è bello”, della famiglia a governare il business, della stabilità. Dell’avere il 100% per comandare.
    Vanno introdotte forze nuove e elementi di rottura, vanno cercate sinergie, fusioni, crescita dimensionale.
    E se la famiglia non ha persone adatte faccia largo ai manager, la famiglia si occupi di fare l’azionista.
  3. Politici impopolari – sogno (ma qui so che è ancora più utopia) che arrivi una forza politica che racconti le cose come stanno, che faccia un po’ di pulizia sui mille rivoli dei favori per categoria, gruppo, amici ecc.
    Che racconti chiaramente che ci vuole impegno, che non bastano le facili soluzioni, che il mondo è complicato e che risolvere i problemi è complesso.
    Che faccia tornare l’Italia in modo serio nel consesso internazionale, con una politica estera credibile e seria.
    Che si applichi veramente per una maggiore giustizia sociale, valorizzando il merito, aiutando chi è davvero svantaggiato e non a pioggia anche chi se ne approfitta.
    E, qui sta la vera utopia, che ci siano anche persone che lo votano.